Il Maggio
Il Maggio - I Cantori del Sasso Pinzuto
“IL MAGGIO…” TRA STORIA, SENTITO DIRE E TRADIZIONE….
“Ben venga maggio e il gonfalon selvaggio”
È l'inizio della notissima canzone a ballo del Poliziano (XV sec), con cui celebrava, nella Firenze di Lorenzo il Magnifico, l’antica festa gia’ pagana, poi medioevale, del Calendimaggio, che salutava, appunto il primo giorno di questo mese (calendae) il ritorno della primavera, la rinascita della natura, ed esaltava l’amore e la gioia.
La tradizione risaliva alle antiche popolazioni celtiche, liguri, etrusche, ed è ancora viva in varie forme in molte regioni italiane del Nord ed in Toscana.
Il “Gonfalon selvaggio” del Poliziano, detto altrove Maio o Maggio o bruscello, era un alberello che veniva piantato nelle piazze, di solito un grosso ramo di ontano simbolo della vita, sotto il quale si intrecciavano danze e canti ed i giovani porgevano alle fanciulle rose e viole, invitandole a vincere la loro ritrosia in amore. Anche nei nostri paesi e nell'intera Maremma, la tradizione si è tramandata nei secoli ed è giunta fino ai nostri giorni.
Un documento interessante, per quanto riguarda il nostro territorio, lo fornisce lo statuto della Comunità del 1580.
Nella “Distintione quarta de le pene straordinarie et malefitij” l'art. 39 ordina:
“Chel maggio non si ficchi in piazza. Anco per fuggire gli scandali, sì per causa della Chiesa come per l’altre cause, fu proveduto che nessun huomo ardisca né presumi, né da ora inanzi si possi né debba ficcare il Maggio in piazza del Commune, pena a quelli che lo reccarono di soldi 40 per ciascuno e per ciascuna volta. Possassi ficcare alle porte senza nessuna pena”
Roccalbegna, in questo periodo, era ancora feudo del Marchese Francesco Sforza ed era l’epoca della Controriforma; con il Concilio di Trento si auspicava il rinnovamento della Chiesa ed il ritorno ad una maggiore severità di costumi. Evidentemente queste manifestazioni paganeggianti venivano considerate licenziose e scandalose, perciò relegate in zone marginali del paese.
Sarà per questo che il Maggio nel capoluogo, almeno a memoria d’uomo, si differenzia da quello delle frazioni? Chissà!
A Vallerona e S. Caterina, la sera del 30 Aprile, i cosiddetti Maggiaioli, cioè i cantori, accompagnati spesso da una fisarmonica, si esibivano con una canzone o scelta tra quelle tramandate fin da tempi antichi, oppure composta ex novo: gli autori di queste ultime oltre all’arcinoto Morbello Vergari, fu per anni a Vallerona Alideo Corridori; a S. Caterina il coro era quello della Focarazza e, fra i compositori, ci piace ricordare anche Paola Caldarola che improvviso’ più di una canzone. Ci scusiamo se ci sfuggono altri nomi.
Si muovevano, i maggiaioli, da una contrada all’altra, si recavano, accolti con giubilo, nei poderi circostanti, portando alle famiglie fiori, augurando bene, pace, ricchezza di raccolti ed inneggiando all’amore ed alla pace. C'era, infine, la fase della questua…”se qualcosa voi ci date, anche Dio vi aiuterà “ e ricevevano in cambio dell’esibizione il dono di salumi, dolci, uova, vino che sarebbero serviti per la merenda del giorno successivo.
A Roccalbegna invece la tradizione antica si trasformò. Non veniva piantato il Maggio né composta una canzone unica, ma molti stornelli, che cantori abili accompagnati da un‘orchestrina intonavano sotto la finestra di ogni fanciulla, di cui mettevano in risalto la bellezza, la gentilezza, le virtù, ma anche, in qualche caso, la civetteria, la pigrizia, la scarsa fedeltà in amore, e talvolta, esaltandone con ironia la bellezza evidenziavano i difetti fisici.
Non sappiamo chi anticamente componesse gli stornelli: ecco i due più antichi che ricordava un’anziana nata nel 1874, per averli sentiti cantare dalla sua nonna.
Fiorin di faggio
giovani e vecchi fatevi coraggio
ch’è terminato Aprile e viene Maggio
Fiorin di gigli
In piazza della Rocca c’è 6 coltelli
Non ci passà morino sennò ti tagli,
Tanto non sò per te quegli occhi belli.
Tra l’Ottocento e gli inizi del Novecento lo scrittore fu Ferdinando Focacci, accanito lettore ed autodidatta, la cui produzione, anche di canzoni, è purtroppo perduta: di lui si ricordano i seguenti due stornelli:
Ameno fiore,
Di un solo sguardo fate innamorare
Di un amore che palpitar fa il cuore
Fiore di Moro,
Avete gli occhi belli ed il crine nero
Di bellezza sublime e dico il vero !
Ma nel secolo scorso, per decenni, il prolifico produttore di stornelli come di canzoni dedicate a Roccalbegna, fu il compianto Sor Giulio Marini, poetico, canzonatorio, spiritoso; i compositori della musica che accompagnava i cantori erano musicisti locali.
Tutta la notte risuonava di melodie e le fanciulle, anziché scendere in piazza, attendevano ansiose il loro stornello ed il mazzolino di fiori, accendendo la luce quando il canto si levava sotto la loro finestra.
Un vago fiore,
lo detti al mio colombo viaggiatore,
Lo detti al mio colombo viaggiatore:
“vai e portalo a chi crede nell’amore”
Farfalla nera,
ma dopo aver volato mane e sera
una non ne trovò ch’era sincera!
Fiore tra i fiori,
la notte tinse i tuoi capelli neri,
l’Alba t’accese gli occhi di bagliori
Fiore del piano,
pensosi gli occhi e l’ago nella mano
rincorre forse un sogno ormai lontano ?
Fior di trifoglio,
Il vostro cuore è come un capo d’aglio
ed uno spicchio solo non ne voglio.
Fiore di Maggio,
il core è sempre vivo e col lampeggio,
concede a tutti il libero passaggio
Fior di ciliegio,
coi baci fanciullina, andate adagio:
a darli troppo fitti non han pregio !
Questi sono solo alcuni esempi della fantasia poetica del Sor Giulio Marini.
Poi alla Rocca, per anni, ci fu silenzio ed apatia, la tradizione si affievolì e scomparve dopo gli anni ’50 del secolo scorso, mentre nelle frazioni si mantenne nella forma consueta. Da qualche anno fortunatamente si è ripreso a cantare il Maggio grazie alla passione di giovani e meno giovani cantori, sia di Roccalbegna che delle frazioni che hanno costituito il gruppo “I Cantori del Sasso Pinzuto”. Il gruppo deriva dall’unione di vari componenti, cultori di tradizioni musicali popolari locali; il nucleo centrale operava già a Roccalbegna, ad esso si aggiunsero componenti della “Focarazza” di Santa Caterina e, successivamente, della ”Cantoniera” di Grosseto, oltre che singoli appassionati.
La formazione, che prenderà poi la denominazione attuale, si riunì per la prima volta nel 2010 in occasione del canto del maggio a Roccalbegna e frazioni. All’uscita successiva, al raduno nella località detta i Quattro Venti , era ancora indicata come “Gruppo dei maggiaioli di Roccalbegna”, ma dopo l’esibizione alla festa del 14 Settembre di Roccalbegna assunse la denominazione “I Cantori del Sasso Pinzuto” dal nome del luogo dove erano soliti ritrovarsi per le prove.
Maestro del coro è sempre stato Luciano Giustarini (“Cicalino”). Poeta per le ottave di permesso, ringraziamento ed “alla bisogna” e compositore dei maggi, fino al 2012, fu l’indimenticabile Raffaello Raffaelli (“Errequadro”), cui si affiancò, fino a sostituirlo dopo la scomparsa, Giovanni Zanaboni (già membro della “Cantoniera” e poi residente ad Arcidosso), che nel maggio 2017 fu affiancato nella composizione da Andrea Zamperini.
Sono presenti vari cantori e strumentisti (tromba, flauto, chitarra, basso, fisarmonica, “gnacchere” maremmane, biamonica, violino) di varie età e professioni, residenti in maggioranza nel capoluogo rocchigiano, ma anche a Santa Caterina, Usi, Petricci, Arcidosso, Livorno. Il gruppo, dal 2010 in poi, ha partecipato a vari raduni ( ai Quattro Venti, a vari “Cantamaggio” e rassegna cori ad Arcidosso, a rassegna cori Monticello Amiata, a rassegna di Petricci…) ed ha animato feste locali (Roccalbegna e Petricci) oltre che cantare il maggio, ininterrottamente dal 2010, a Roccalbegna e frazioni; con minor assiduità ha partecipato alla “Befanata” di Roccalbegna.
Caratteristica dei canti del maggio, è l’utilizzo di basi musicali di motivi popolari noti, con l’inserimento di un testo sempre nuovo, dove il risveglio della natura e l’Amore sono privilegiati agli altri temi, propri del canto del maggio. Una nota curiosa, riportata anche dalla stampa locale: nel 2016 l’utilizzo della base di “Romagna mia” portò l’interessamento al gruppo da parte di Casadei, che ha poi inserito il maggio 2016 “Torna a volare la rondinella” tra la documentazione conservata nel museo all’orchestra Casadei.
Per il maggio 2019 sono previsti due canti: quello, sul tema musicale tradizionale, “Maggiolata”, recuperato da un vecchio maggio di Morbello Vergari (ed integrato, con alcuni versi di attualizzazione, dal “poeta” del gruppo) e l’altro, quello più utilizzato e conforme alla ormai consolidata tradizione del gruppo, scritto ancora da Giovanni Zanaboni sul tema musicale de “L’Italiano” di Toto Cutugno ed intitolato “Il Maggio Rocchigiano”
Finalmente il 30 di Aprile il “Maggio” tornerà a svettare al centro della piazza antistante
la chiesa dei SS. Pietro e Paolo ed il Palazzo Comunale
Scaletta di massima per maggio 2019:
Maggio 2019 “Il Maggio Rocchigiano”
“Maggiolata 2019”
Maggio 2018 “Bimba bionda o mora”
Maggio 2017 “Nell’Amiata torna ancora la tradizione”
Maggio 2016 “Torna a volar la rondinella”
“Il Sasso”
“Serenata d’addio”
“Canti d’Osteria”
“Alla mia Rocca”
“La Fonte”
“So’ partito da Arcidosso” (“Volemo le bambole”)
“Le scarpette”
“O morettina tu mi piaci tanto”
“Maremma Amara”
“Bella se voi veni’ ”
Verranno inoltre eseguiti brani ormai “tradizionali”, anche se risalenti alla seconda metà del secolo scorso, in quanto ormai patrimonio comune:
“Canto alla Maremma” (nota come “O mite terra”) di Menconi e Trapassi;
“Questa è la terra mia”, “Maggio in Maremma” e “L’ultimo maggio” di Salvio Salviati;
“Montagna verde” (ovvero “Il Monte Amiata”) del “Menestrello di Santa Fiora” (Alfio Durazzi)
“Maremma mia”
“Sul Monte Amiata” di Bixio-Cherubini-Schisa
Verrà poi, come sempre, ricordato “Errequadro” con il Maggio 2013 “Maggio per Raffaello”